GALLERIA MIES MODENA
Paolo Gualdi RetinicheVisioni
Fuori dagli occhi, una contro-cultura istintiva
La Galleria MiES di Modena inaugura la stagione 2012 con l’obbiettivo di coinvolgere un pubblico eterogeneo e giovane, con l’impegno di valorizzare sia artisti emergenti che di caratura internazionale presenti sul territorio.
L’occasione si presenta ospitando  fino al 10  marzo 2012: Paolo Gualdi, fotografo, scenografo e art director; dopo  quasi vent’anni (1989-2007) in cui nel suo lavoro vi era come una sorta  di separazione fra opere temporanee poste all’aperto, ed istallazioni  legate alla sua attività di tour musicali, teatrali, convention,  spettacoli di piazza ed eventi.
Le sue immagini sono servite come scenografie, proiezioni scenografiche  per centinaia di spettacoli come: “Il Cavaliere dell’Intelletto”, opera  teatrale di Franco Battiato, Cattedrale di Palermo, Settembre 1994,  “Enzo Re”, spettacolo teatrale per la regia di Arnaldo Picchi, con testo  di R. Roversi, rappresentato in Piazza S. Stefano a Bologna in  occasione di: Bologna Capitale della Cultura del 1998. Oppure “La Boheme”, al 49° Festival Pucciniano di Torre del Lago nel  2003, con le scenografie di Jean Michel Folon e il Tour mondiale del  maggio 2005 di “Luciano Pavarotti”. Ora il lavoro di Gualdi si cala in una dimensione destinata a musei e  gallerie, una interfaccia tra lo spettatore/ visitatore e l’artista  quale produttore di significati. In questi anni la fotografia ritorna ad essere una dei principali  interessi della sua professione e vita.
Retiniche Visioni, armoniche e speculari, sottendono una capacità di  avanzare oltre il reale. Disposte in sequenze progressive, riordinate, rivelano il movimento dei  personaggi nelle stratificazioni come deposito di immagini memoriali;  qui si scansiona soprattutto materia, non certo il lato visivo del  visibile. Questa nuova opera prima, generata dal lungo corso di Paolo Gualdi, è  per lui come una introspezione, un nuovo incontro con la visione, un  girar pagina e ritrovare una strada, un percorso che per molti anni è  stato celato. Una impressione retinica capovolta, si ricompone,  misteriosa come una visione ancora partizionata, nella sua dimensione  concettuale, neurologica, anticipativa di frammenti ed istanti: totale.
Una nuova geografia, una mappatura del reale mutuato dal linguaggio del  fotosensibile, esprime l’umano; svela l’anima come rilievo di corteccia,  un interrotto “flusso” frenetico mentale che è lo smembramento come  base e riduzione alla base di un processo di costruzione d’ordine  complessivamente risolto. Una idealità insolita: [Po’littico Femminile] composto oltre il reale  per il reale da queste 1000 parti di... Isa, Dony, Elisa, Jaya, Laura,  Amina, Silvy. Costruzione di infinite altre immagini, attraverso una  de-materializzazione di massima tensione simbolica, liberate nella loro  sincopata composizione e svelate della lentezza dello sguardo.
Una pluralità di percorsi, sorretti da una accresciuta consapevolezza  critica, portano le idee in primo piano, con alcuni falsi movimenti  mostrano quello che non c’è, oltre a cosa è accaduto, sequenze rimaste  come carezze ricordate, o come testimonianze crude di luoghi e fatti  anche violenti, sguardi su verità nascoste. Finestre del Tibet e Le lampadine di Damasco si animano di luci e di  movimenti con scarsi elementi per suggerire le varie situazioni, qualche  riferimento con l'attuale, evitando una attualizzazione troppo  limitativa. Una finestra sul cosmo, dove le immagini solidarizzano legami  costitutivi che accompagneranno il viaggiatore.
Una fabbrica della figurazione anche a base di elementi viventi genera  da un lato un’umanità frammentata e un’ossessione di idosincrasia con i  tratti caricaturali. Dall’altro una elaborazione metonimica delle  fratture sociali, dove anche il corpo a frammenti non è quindi molto  diverso dai pezzi di corpo o dal fare a pezzi il mondo. Un interessante contrappunto frutto di una controcultura istintiva e  viscerale, abile a muoversi fra i linguaggi e media, si trova ora nella  posizione ideale per indagare e interpretare il mondo osservato in cui  intervene e da cui proviene, con un realismo fortemente radicale.  Esistono categorie per tutto ma ogni tentativo di definirne con certezza  i contorni vanifica la sua intenzione risolutiva, dove regnano:  silenzio, essenzialità, vastità, luce, immobilità apparente; un  ipertesto che vuole lavorare su questa idea della rappresentazione non  come tessuto ma come corpo, quindi come proiezione di un organismo  vivente.
Una vera contaminazione tra diversi media e diversi campi di lavoro  producono  una istantaneità intuitiva. Apparentemente inserito all’interno dal  dichiarato intento di “previsualizzazione” sia anologico che digitale, è  invece la matrice funzionale archetipica del lavoro a segnalare  l’orientamento della ripresa fotografica da dettaglio caleidoscopico. La  costruzione apparentemente fragile, delicatamente capace di colpire  l’animo dell’osservatore con nitidezza, evita terreni già battuti.  Fragilità umana che invece di rivolgersi all’occhio, alla percezione  visiva, fa riferimento alla mente, al modo in cui si pensa qualcosa,  come una persona/specchio si rivolge all’individualismo e al  comportamento, con alcuni affondi nella carne e nelle idee isolate,
“i tuoi passi rincorrono ciò che non si trova fuori dagli occhi, ma dentro”
(Italo Calvino). 
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Inaugurazione mostra - sabato 21 gennaio 2012 ore 18,00 alla presenza dell’ artista in galleria. 
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Fonte: http://infomostreitalia