“Ho sempre pensato che un’ambiguità credibile, davvero realistica, costituisca la migliore forma di espressione".
L' amore per il paradosso, per l’ossimoro, per  l'ambiguità è una delle cifre dell'opera di uno dei maggiori registi del  '900: Stanley Kubrick.
    Mentre molti sono gli appassionati dei suoi film, pochi sapevano,  fino a oggi, che, negli anni dell'immediato dopoguerra Kubrick è stato  anche un grandissimo fotografo.
    Dal 1945 al 50 egli lavorò infatti per la rivista Look, una  pubblicazione ad ampia diffusione pubblicata a New York che si  proponeva, negli anni immediatamente successivi alla seconda guerra  mondiale, di documentare la vita sociale nell’America del dopoguerra.
    A Rainer Crone, curatore di questa mostra e grande studioso di arte  contemporanea, si deve la scoperta e lo studio di un  complesso di ben  12.000 immagini tratte da questa rivista, che nessuno mai aveva avuto  modo di analizzare dal  punto di vista critico o storico.
Oggi abbiamo la fortuna di poter presentare al Palazzo della Ragione a Milano non una semplice raccolta delle fotografie di un artista ,per quanto importante, ma una serie di ‘storie’ narrate per immagini, che costituiscono un corpus storicamente unico, attraverso cui ci è possibile leggere, in una forma ben identificabile, lo stile e le capacità da ‘story teller‘ del grande regista.
In particolare, questa raccolta di negativi ci  permette di decodificare in modo persuasivo alcuni dei riferimenti  culturali che saranno caratteristici anche del Kubrick regista:
    Innanzitutto il tema dell’ ‘estraneazione’ dell’artista rispetto  alla propria opera d’arte.
    Kubrick viveva in una New York in cui Brecht riscuoteva grandi  successi con la sua ‘Opera da tre soldi’. E lo stesso regista, ebreo di  origine, non poteva non riconoscersi in quell’aspetto della cultura  tedesca che, che va dall’Espressionismo in poi.
     e ancora, la certezza che una raffigurazione ‘stilizzata’ della  realtà possa essere molto più efficace di una ‘naturale’ documentazione.  Già Proust aveva attirato l’attenzione sulla peculiarità di un  approccio fotografico alla realtà che si risolve in una sorta  di  ‘alienazione’ da essa. Alla luce dell’opera successiva di Brecht, tale  ‘alienazione’ finisce però per trasformarsi, nell’opera di Kubrick,  nella sperimentazione delle proprie emozioni ed esperienze di fronte al  frammento di realtà inquadrato dalla macchina fotografica.
    e infine, l’interesse fortissimo già nel giovane Kubrick, nel  rappresentare tutto ciò che non è ancora certo e ben definito, il  fascino che su di lui esercita tutto ciò che non è più e non è ancora.  Caratteristica specifica, peraltro, di una cultura americana che si sta  affermando nella propria originalità e nel proprio tentativo di  distaccarsi da quella europea. 
Una serie di racconti per immagini dunque che  vengono presentate al pubblico italiano, con la certezza che, al di là  dell’interesse storico-artistico della scoperta, esse consentano ai  tanti appassionati dell’opera di Stanley Kubrick di ritrovare in esse,  in luce, tutta la capacità narrativa, il senso dell’humor e la forza  visionaria del grande regista.
    Per la prima volta al mondo, una mostra indaga un aspetto  finora poco conosciuto della carriera di Stanley Kubrick.  Dal 16 aprile  al 4 luglio 2010, a Palazzo della Ragione di Milano saranno esposte  oltre 200 fotografie, molte delle quali inedite e stampate dai negativi  originali, realizzate da Stanley Kubrick dal 1945 al 1950 quando, a soli  17 anni, venne assunto dalla rivista americana Look.  
    L’esposizione, curata da  da Rainer Crone è stata realizzata dal  Comune di Milano -Cultura e da Giunti Arte mostre musei. 
    La mostra è stata prodotta  in collaborazione con il Museum of the  City of New York  e la Library of Congress di Washington,  che  custodiscono un patrimonio ancora sconosciuto di oltre 20.000 negativi  di Stanley Kubrick che già giovanissimo,  a soli 17 anni, era già un   grande fotografo in grado di documentare la vita quotidiana dell’America  dell’immediato dopoguerra, attraverso le storie di celebri personaggi  come Rocky Graziano o Montgomery Clift, inquadrature fulminanti e  ironiche nella New York che si apprestava a diventare la nuova capitale  mondiale, o ancora la vita quotidiana dei musicisti dixieland.
    L’iniziativa rivelerà il modo di fare fotografia di Stanley Kubrick ,  passione  che ereditò  ancora minorenne dal padre (l’altra sono gli  scacchi). La prima fotografia viene pubblicata il 26 giugno 1945 e  ritrae un edicolante affranto per la morte di Roosevelt, un’immagine che  affascinerà cosi tanto gli editors del magazine Look da offrire al  giovane Kubrick,  la possibilità di entrare nello staff della storica  rivista come fotoreporter. 
    Il metodo Look, caratterizzato da una narrazione a episodi, non  incontrava il gradimento dei più importanti fotogiornalisti dell’epoca. I  responsabili della rivista volevano che il soggetto fosse seguito  costantemente, che venisse fotografato in tutto ciò che faceva. Questo  stile invadente esercitava un grande fascino su Kubrick al quale piaceva  creare delle storie partendo proprio dalle foto. Per ottenere dai  personaggi delle pose che fossero più naturali possibili, Kubrick  metteva in atto una serie di stratagemmi per passare inosservato. Uno di  questi consisteva nel nascondere il cavo della macchina fotografica  sotto la manica della giacca e nell’azionare l’otturatore con un  interruttore nascosto nel palmo della mano.  Gran parte del senso  estetico che ritroviamo nei suoi film veniva già espresso dal suo lavoro  di questi anni.
    Anche ricorrendo a tecniche e punti di vista particolari e  mantenendo sempre un certo distacco riesce a far trapelare l’aspetto  psicologico dei soggetti ritratti, permettendo così all’osservatore  delle foto di costruire una personale interpretazione del carattere  delle persone riprese
    “Nascono così le prime fotografie di Stanley Kubrick, realizzate  nell’America dell’immediato dopoguerra, che sorprendono poiché non si  limitano alla rappresentazione di un’epoca, come ci si potrebbe  aspettare da un fotoreporter. Le sue istantanee infatti - sottolinea il  curatore -, che stupiscono per la loro sorprendente maturità, non  possono essere considerate come archivi visivi della gioia di vivere,  catturata dallo spirito attento e pieno di humor di un giovane uomo, ma  costituiscono un consapevole invito a confrontarsi con le risorse del  mezzo fotografico, con le sue possibilità di rappresentazione e con la  propria percezione della realtà: una costante dell’opera artistica di  Kubrick che comincia con le fotografie e continua nei film”. 
    Un passaggio fondamentale, dunque, se si pensa che l’ambiguità  dell’immagine e del cinema stesso sono al centro della riflessione che  anima il cinema d’autore del secondo dopoguerra, per questo detto  moderno e di cui Kubrick è stato uno degli indiscutibili maestri. 
Il percorso espositivo è organizzato in due  parti. La prima, divisa a sua volta in 7 sezioni, avrà  un’introduzione, Icone, nella quale vengono presentate  le immagini simbolo delle storie che l’occhio dell’obiettivo di Kubrick  ha immortalato. Come Portogallo che racconterà il  viaggio in terra lusitana di due americani nell’immediato dopoguerra, o  ancora Crimini, che testimonierà l’arresto di due  malviventi seguendo i movimenti dei poliziotti, le loro strategie, le  loro furbizie, fino all’avvenuta cattura.
    Betsy Furstenberg, protagonista della sezione a lei  dedicata e che la rappresenta come il simbolo della vivace vita  newyorkese di quegli anni, farà da contraltare alle vicende dei piccoli  shoe shine, i lustrascarpe che si trovavano agli angoli  delle strade di New York.
    Chiudono questa prima parte le due sezioni dedicate alla vita che si  svolgeva all’interno della Columbia University, un  luogo d’élite dove l’America formava la classe dirigente del futuro, e  all’interno del Campus Mooseheart nell’Illinois, una  residenza universitaria, costruita da benefattori, per educare figli  orfani di guerra che sarebbero andati a ingrossare le fila della middle  class americana. 
    La seconda parte del percorso toccherà altri  argomenti rappresentativi della breve carriera di Kubrick fotografo,  come le immagini dedicate al giovane Montgomery Clift  colto all’interno del suo appartamento, o quelle del pugile Rocky  Graziano, che raccontano i momenti pubblici e privati di un  eroe moderno, o ancora l’epopea dei musicisti dixieland di New Orleans.
Informazioni utili:
Milano, Palazzo della Ragione
piazza Mercanti, 1
16 aprile 2010 - 04 luglio 2010
Orari
Lunedì h 14.30 - 19.30
Giovedì h 9.30 - 22.30
Martedì, Mercoledì, Venerdì, Sabato, Domenica h 14.30 - 19.30
(la biglietteria chiude un'ora prima)
Biglietti individuali
Intero € 8,50
Ridotto € 7,00: under 18 e over 65, gruppi (minimo 15 - massimo 25 persone), studenti, titolari di coupon e convenzioni
Riduzione speciale € 3,00
Prezzo speciale adulto più bambino € 10,00
Omaggio: minori di 6 anni, giornalisti accreditati, 2 accompagnatori per classe, portatori di handicap e accompagnatore, tessera ICOM
Prenotazioni
€ 1,00 individuale
€ 0,50 per ogni componente delle scolaresche di massimo 25 alunni
€ 1,00 per ogni componente dei gruppi di massimo 25 persone
Visite guidate per gruppi di massimo 25 persone
€ 60,00 scuole
€ 100,00 gruppi
€ 120,00 lingua straniera
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