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mercoledì 15 febbraio 2012

“Fotografia del Giappone (1860-­1910). I capolavori” - Venezia fino al 1 aprile 2012

Arriva in Italia la mostra
“Fotografia del Giappone (1860-­1910). I capolavori”


L’esposizione, in programma dal 17 dicembre 2011 al 1° aprile 2012, all’Istituto Veneto di Scienze Lettere ed Arti -­‐ Palazzo Franchetti di Venezia (Ponte dell’Accademia), propone oltre 150 fotografie (prevalentemente stampe all’albumina, acquerellate a mano) dei maggiori interpreti della seconda metà dell’Ottocento, provenienti da una collezione privata considerata la più grande raccolta del genere esistente al mondo, superiore anche a quella conservata all’Università di Nagasaki.

Curata da Francesco Paolo Campione, direttore del Museo delle Culture di Lugano, e da Marco Fagioli, coprodotta dal Museo delle Culture di Lugano e Giunti Arte mostre musei (GAmm), cui si affianca, per l’appuntamento italiano, l’Istituto Veneto di Scienze Lettere ed Arti, l’iniziativa presenta alcuni capolavori di uno dei più importanti capitoli della storia della fotografia, conducendo il visitatore a immergersi nelle diverse tematiche della cultura e dell’arte del Giappone, proprio nel periodo in cui, abbandonando un isolamento che durava da trecento anni, il Paese del Sol levante si apriva all’America e all’Europa, influenzando con le immagini e le espressioni della sua creatività il gusto dell'intero Occidente.

Questi scatti offrivano, soprattutto ai turisti stranieri, rappresentazioni del paesaggio e della cultura giapponese, con una funzione che è sostanzialmente quella di produrre souvenir di viaggio e della memoria esotica. Chiamato da alcuni “Scuola di Yokohama”, tale genere esprime uno stile fortemente riconoscibile che non trova, al suo tempo, eguali nel mondo per la qualità dell’interazione fra la stampa all’albumina, la raffinatezza della ricerca fotografica e la finissima colorazione delle immagini che, in alcuni casi, produce un risultato finale vicino a quello delle moderne fotografie a colori.

Il percorso espositivo, organizzato per sezioni, indaga la rappresentazione del paesaggio e la natura “educata” dalla cultura, il gusto dell’esotismo e il profondo rapporto tra la fotografia e le stampe del ukiyo-­e, l’immagine della donna còlta nei molteplici aspetti della bellezza sublime, come in quello dei mestieri e delle attività della casa, della bottega e dei campi e della donna di piacere, ritratta nei quartieri a luci rosse chiamati “città senza notte”. O ancora, l’analisi degli stereotipi dell’immagine maschile, dai samurai ai bonzi, dai lottatori di sumo a tutti gli interpreti quotidiani di una realtà ideale che, talvolta, declina anche verso l'«anormalità» e il capriccio.

La relazione fra il sacro e il profano viene esaminata attraverso una serie di fotografie che ritraggono le attività lavorative e altre scene di vita comune, i templi, le cerimonie e le feste.

Chiudono la mostra, le opere dei grandi interpreti della fotografia giapponese e straniera, come Kusakabe Kimbei, considerato il maestro nel realizzare sofisticate fotografie all’albumina colorate a mano.