Manicomi, vite sofferte in bianco e nero Fino al 27 ottobre la mostra fotografica «Luci e ombre» di Giovanni Nardini in programma alla Sala Santa Rita
La dignità della pazzia raccontata in una quarantina di foto, fino al 27 ottobre alla Sala Santa Rita, in via Montanara, praticamente nella centralissima piazza Campitelli. L’obiettivo è puntato sull’ex ospedale psichiatrico di Maggiano, in provincia di Lucca, smontato della sua funzione subito dopo la legge Basaglia, la 180 del 1978. Le immagini di Giovanni Nardini, autore della mostra «Luci d’ombra», ovvero viaggio nei luoghi manicomiali, potrebbero essere state scattate in qualsiasi città d’Italia. «L’ospedale di Santa Maria della Pietà di Roma, per esempio, è un ex manicomio, con tutta una sua storia raccontata e da raccontare», ricorda Maurizio Bartolucci, curatore dell’esposizione insieme all’associazione Seven Cult ed agli assessorati delle Politiche culturali di Roma e Provincia. Maggiano però rappresenta quasi un caso a parte. Prima che l’ospedale venisse chiuso, infatti, si era arrivati a mille ricoverati nella struttura, quasi un intero quartiere. Manicomi raccontati in bianco e nero Manicomi raccontati in bianco e nero Manicomi raccontati in bianco e nero Manicomi raccontati in bianco e nero Manicomi raccontati in bianco e nero Manicomi raccontati in bianco e nero Manicomi raccontati in bianco e nero Manicomi raccontati in bianco e nero NEI LUOGHI DI TOBINO - E la storia di questo ambiente di segregazione vale la pena di essere raccontata anche perché comprende un grosso pezzetto di vita di Mario Tobino, scrittore e primario del reparto femminile subito dopo la Seconda guerra mondiale. «E’ solo all’interno che si può conoscere la pazzia», scriveva l’autore de Il clandestino, parole fatte proprie dal fotografo Nardini, viareggino come Tobino, il quale, presentando la mostra, ha ricordato: «Non vi erano più i matti, eppure ogni cosa mi parlava di loro, di quel misterioso dio che viveva dentro di loro, ho fotografato il buio del dolore, della follia, ho gettato la luce della fotografia nei resti delle vite, nei segni labili che il tempo lasciava». Foto di Giovanni Nardini Foto di Giovanni Nardini IL PERCORSO - Nel percorso dell’esposizione tutto questo è visibile. Si parte dalle immagini scattate all’esterno della struttura, con una rete bucata che lascia intravedere l’ex ospedale psichiatrico. Si giunge poi in un cortile con una bellissima fontana al centro, quasi un preludio alla sofferenza che si sta per svelare, ed ecco gli sguardi e gli autoritratti dei ricoverati, con tanto di firma. Un pizzico di dignità rubata allo sguardo degli altri. “Oggi non tutti sono a conoscenza dell’esistenza dei manicomi, i giovani pensano che non siamo mai esistiti: ecco, con la mostra cerchiamo di recuperare e rendere giustizia a quanti hanno sofferto per la loro diversità”. Le parole del curatore della mostra si rappresentano nelle immagini digitali di Emiliano Bartolucci, in cui sono raffigurati Franco Basaglia, Mario Tobino e Alda Merini. Il 18 e il 25 ottobre alcune letture teatrali li ricorderanno. ] anicomi, vite sofferte in bianco e nero
Fino al 27 ottobre la mostra fotografica «Luci e ombre»
di Giovanni Nardini in programma alla Sala Santa Rita
ROMA - La dignità della pazzia raccontata in una quarantina di foto, fino al 27 ottobre alla Sala Santa Rita, in via Montanara, praticamente nella centralissima piazza Campitelli. L’obiettivo è puntato sull’ex ospedale psichiatrico di Maggiano, in provincia di Lucca, smontato della sua funzione subito dopo la legge Basaglia, la 180 del 1978. Le immagini di Giovanni Nardini, autore della mostra «Luci d’ombra», ovvero viaggio nei luoghi manicomiali, potrebbero essere state scattate in qualsiasi città d’Italia. «L’ospedale di Santa Maria della Pietà di Roma, per esempio, è un ex manicomio, con tutta una sua storia raccontata e da raccontare», ricorda Maurizio Bartolucci, curatore dell’esposizione insieme all’associazione Seven Cult ed agli assessorati delle Politiche culturali di Roma e Provincia. Maggiano però rappresenta quasi un caso a parte. Prima che l’ospedale venisse chiuso, infatti, si era arrivati a mille ricoverati nella struttura, quasi un intero quartiere.
NEI LUOGHI DI TOBINO - E la storia di questo ambiente di segregazione vale la pena di essere raccontata anche perché comprende un grosso pezzetto di vita di Mario Tobino, scrittore e primario del reparto femminile subito dopo la Seconda guerra mondiale. «E’ solo all’interno che si può conoscere la pazzia», scriveva l’autore de Il clandestino, parole fatte proprie dal fotografo Nardini, viareggino come Tobino, il quale, presentando la mostra, ha ricordato: «Non vi erano più i matti, eppure ogni cosa mi parlava di loro, di quel misterioso dio che viveva dentro di loro, ho fotografato il buio del dolore, della follia, ho gettato la luce della fotografia nei resti delle vite, nei segni labili che il tempo lasciava».
IL PERCORSO - Nel percorso dell’esposizione tutto questo è visibile. Si parte dalle immagini scattate all’esterno della struttura, con una rete bucata che lascia intravedere l’ex ospedale psichiatrico. Si giunge poi in un cortile con una bellissima fontana al centro, quasi un preludio alla sofferenza che si sta per svelare, ed ecco gli sguardi e gli autoritratti dei ricoverati, con tanto di firma. Un pizzico di dignità rubata allo sguardo degli altri. “Oggi non tutti sono a conoscenza dell’esistenza dei manicomi, i giovani pensano che non siamo mai esistiti: ecco, con la mostra cerchiamo di recuperare e rendere giustizia a quanti hanno sofferto per la loro diversità”. Le parole del curatore della mostra si rappresentano nelle immagini digitali di Emiliano Bartolucci, in cui sono raffigurati Franco Basaglia, Mario Tobino e Alda Merini. Il 18 e il 25 ottobre alcune letture teatrali li ricorderanno.