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domenica 11 settembre 2011

The Falling Man di Richard Drew

L'immagine la conosciamo tutti, è impressa per sempre nella nostra memoria. E' "The Falling Man" di Richard Drew.




Riportiamo di seguito una lucida analisi di Papaleo sull'immagine.
La foto fu pubblicata il giorno seguente sul New York Times, e fu accolta come un'indecente eresia da una popolazione che, inorridita e stremata da quanto era accaduto, rigettava la perversione di uno scatto che, frutto di un voyeurismo riprovevole, osava adombrare il dolore di una tragedia con il suo estetismo lampante. Fu così, che "l'Inquisizione dell'11 settembre" fece di The Falling Man la foto proibita che i giornali non avrebbero più pubblicato.
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Eppure The Falling Man, imputato di turno a questo processo alla spettacolarizzazione malata, ne è anche il demistificatore. La bellezza di quella foto infatti, è dovuta all'equilibrio, alla posizione angelica di un uomo che va incontro alla morte, ad una posa che "è" in quanto reale e non in quanto modificazione della realtà. Quella fotografia sembra una confessione del Mondo che ha deciso di mostrarsi, nudo e crudo, nel registro tragico della sua bellezza, per scrollarsi di dosso la falsa morale. Essa si inganna scaricando sull'arte responsabilità che non le appartengono, troppo debole per accettare un dolore che, nel suo fascino, pare rinnegarsi, quasi discolparsi.

Chi è Richard Drew? E' lo stesso fotografo che nel '68 immortalò Robert Kennedy un attimo dopo che gli avevano sparato alla testa. Nella stessa circostanza immortalò pure la moglie Hethel che implorava i fotografi di non fare fotografie. All'epoca Drew era un ragazzino di ventuno anni. Ne avrebbe avuti più di cinquanta quando, tre decenni dopo, la storia irruppe un'altra volta nella sua vita. Una fortuna che ti può capitare se fai il giornalista. La mattina dell’11 settembre Richard Drew si trovava a New York per fotografare una sfilata di abiti premaman. Il suo editor lo chiamò sul cellulare per dirgli di schizzare all'istante al World Trade Center. Un 747 si era appena schiantato contro una delle due torri. Giunto sul posto vide che gli aerei impazziti erano due, come le torri. In un batter d'occhio, era passato dai corpi di giovani donne incinte ai corpi di sventurati che si spiaccicavano al suolo dopo un volo di cento piani. Dalla vita alla morte, così. E che morte. Drew si mise comunque al lavoro. Era li per quello, del resto. Le persone che fanno il suo mestiere non perdono tempo a pensare. Per loro una foto non è che un rettangolo da riempire in una frazione di secondo. Più importante dell'autore dell'immagine, però, è la sua natura. La gente che vide la foto sui giornali e si indignò non poteva sapere chi l'aveva scattata e perché si trovasse a Manhattan quel giorno. Solo col tempo alcuni sono giunti ad apprezzare l'inquietante simbolismo delle coincidenze messe insieme dal destino. Sul momento, la gente vide soltanto un'immagine. O per meglio dire: qualcosa che sembrava soltanto un'immagine. Perché quella scattata da Drew non era una semplice foto. C'era la brutale tragicità del soggetto. Ma c'era anche il fatto che è una foto di surreale bellezza. Falling Man non sembra il ritratto di una persona che, in preda a panico e disperazione, si lancia incontro alla morte. L'uomo precipita con l'elegante compostezza di un tuffatore olimpionico. Il corpo è in posizione verticale, in perfetto asse con la struttura di acciaio alle sue spalle che. luccica al sole del mattino. Procede a testa in giù. Le braccia non sono protese in avanti nell'istintivo quanto inutile tentativo di proteggersi. E neppure si agitano. Sono distese e attaccate ai fianchi come se all'ignoto saltatore interessi soltanto favorire l'azione della forza di gravità. Sembra la posizione di un uomo che ha grande dimestichezza col vuoto. Si direbbe che costui non faccia altro da una vita: saltare dai grattacieli.

Di seguito un documentario sulla storia dell'immagine.