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sabato 12 febbraio 2011

Intervista a Gabriele Basilico

Un'intervista a Gabriele Basilico

Prima parte



Seconda parte



Terza parte



Biografia dell'autore:

Gabriele Basilico nasce a Milano nel 1944 ed è uno dei più noti fotografi documentaristi europei. Fotografa esclusivamente in bianco/nero e suoi campi d'azione privilegiati sono il paesaggio industriale e le aree urbane. I suoi studi di architettura lo avvicinano all'ambiente dell'editoria di settore per cui realizza, su commissione, un ampia serie di lavori. Ha al suo attivo ricerche sulle aree urbane, sul territorio, sull'architettura commissionate da privati ed enti pubblici. Nel 1984 il 1985 è stato invitato dal governo francese a far parte del gruppo di noti fotografi impegnati nella Mission Photographique de la DATAR a documentare le trasformazione del paesaggio transalpino. Ma il suo primo impegnativo lavoro risale al 1982 quando realizza un ampio reportage sulle aree industriali milanesi intitolato: Ritratti di fabbriche (Sugarco). A proposito di questo lavoro, Basilico ha dichiarato in seguito: "Ho sempre pensato che i miei "ritratti di fabbriche" nascessero dal bisogno di trovare un equilibrio tra un mandato sociale - che nessuno mi aveva dato, ma che era la conseguenza dell'ammirazione che io provavo per il lavoro dei grandi fotografi del passato - e la voglia di sperimentare un linguaggio nuovo, in grande libertà e senza condizionamenti ideologici". Questo primo lavoro gli dà una notorietà immediata e nel giro di due anni si trova ad essere invitato insieme al gotha della fotografia internazionale alla Mission de la DATAR. Lavora a più riprese a questo progetto tra il 1984 il 1985 e il suo contributo a la Mission è esposto nella grande collettiva a Parigi nel Palais de Tokyo (1985). Seguono anni di intenso lavoro in cui si alternano commissioni pubbliche e ricerche sul territorio che sono state raccolte in libri "culto" come: Italia &France (Jaca Book), Bord de Mer (AR/GE Kunst), Porti di Mare (Art&), Paesaggi di Viaggi (AGF), Scambi (Peliti), L' esperienza dei luoghi (Art&) fino all'esperienza "sconvolgente" della serie realizzata nella martoriata Beirut (Basilico Beyrouth 1994). Nel completo e puntuale saggio introduttivo a "L'esperienza dei luoghi", Roberta Valtorta citando Perec (Lo spazio è un dubbio: devo continuamente individuarlo, designarlo. Non è mai mio, mai mi viene dato, devo conquistarlo). In questo saggio la Valtorta propone un parallelo tra la fotografia del paesaggio in Europa e negli Stati Uniti sottolineando che è proprio la "qualità" specifica dei territori ritratti dai fotografi a stelle e strisce a creare la differenza. Come spesso si è detto il fotografo USA sperimenta spesso un senso di solitudine davanti a soggetti vasti e spesso "vuoti" che non è solito sperimentare il fotografo europeo. Ma la stessa Valtorta fa un'affermazione poco più in là su cui è il caso di riflettere: "La fotografia di Basilico, insistente nel tempo e nel metodo quanto è necessario per diventare compiuta esperienza, percorre questo corpo (il corpo dello sviluppo industriale, dotato di vita e capace di di suscitare affetti in chi lo guarda) considerandone le parti o l'insieme sempre nel tentativo non tanto di osservarlo, ma di capirlo, talvolta perdonandone i limiti, i difetti, diremmo". Milano è la città di cui, più delle altre, Basilico ha realizzato un "ritratto collettivo" è stato il laboratorio in cui si è andato strutturando un metodo progettuale che in seguito è tornato ad usare "nelle altre città". Sfogliando i suoi lavori si incontrano immagini che la Valtorta definisce "metafisiche", in cui regna una sensazione di tempo sospeso alternate a visioni più "disinvolte" in cui irrompono quei "fili" la cui presenza è stata sempre mal tollerata dai foto-puristi. Mentre Ghirri usa l'arma dell'ironia, Basilico "tenta romanticamente l'impresa di rappresentare il mondo, abbraccia il mondo della fotografia". Basilico, nelle sue vedute, recupera una "lentezza dello sguardo" che gli permette di cogliere i minimi particolari, propone una "contemplazione" che, attraverso la sua perizia tecnica, ci permette di collocarci al limite superiore della capacità percettiva del reale ("più di questo non si può vedere!) Alla sua ricerca dei momenti di difficoltà del territorio, nella prospettiva, in via di affermazione, del concetto di non luogo, in un momento di rapida transizione ad equilibri globali diversi, si colloca Beirut in cui il sentimento dominante è la "malinconia" Una percezione del "globale" che è anche alla base di uno dei più recenti libri fotografici di Basilico intitolato "Nelle altre città" (1997) in cui l'autore afferma che: "Riflettendo a posteriori su tutti i miei viaggi, su questi passaggi urbani, questo andar per luoghi, mi sembra che una condizione costante sia stata l'attesa di ritrovare corrispondenze ed analogie. La disposizione affettiva che guidava, oggi lo so bene, i miei spostamenti e la mia curiosità, mi portava e mi porta a eliminare le barriere geografiche: questo non significa che tutte le città debbano forzatamente assomigliarsi, ma significa che in tutte le città ci sono presenze, più o meno visibili, che si manifestano per chi le vuole vedere, presenze famigliari che consentono di affrontare lo smarrimento di fronte al nuovo". Nel concludere queste brevi note mi sembra opportuno segnalare all'interno del libro della Electa "Architetture d'acqua per la bonifica e l'irrigazione" un godibilissimo "diario" realizzato durante i sopralluoghi e le "location" del lavoro su commissione della OsservaTer Ne viene fuori un'immagine dell'uomo Basilico per molti versi inattesa e, per quanto mi riguarda corroborante le mie positive sensazioni registrate durante un incontro pubblico nel Circolo "la Gondola" a Venezia. La Baldini&Castoldi ha dato alle stampe in questi giorni un libro che contiene il risultato di un esplorazione urbana durata quasi tre mesi che ha avuto come soggetto la città di Berlino. Le architetture della Berlino ricostruita dalle migliori firme dell'architettura internazionale, si può leggere in questo nuovo libro di Gabriele Basilico un "insolito" album di dimensioni ridotte(24x16 cm.). E' l'autore stesso a precisare il senso di questo come di tante altre sue esplorazioni dell'ambiente urbano: "la città è il teatro dove si svolge il ritmo dell'identità urbana".

Fonte: fotologie.it