I suoi scatti sono visioni evocative di spazi, luci, odori e forme dell'infanzia, istantanee di percezioni tattili e sensoriali colte dal suo spregiudicato e poetico terzo occhio.
E' tra gli autori più apprezzati al mondo e da gennaio una cinquantina di suoi scatti saranno esposti al Museo in Trastevere
Immagini dove la luce tratteggia i contorni di persone e cose. E che riporta ad una dimensione altra che fa sconfinare la sua fotografia oltre i canoni tradizionali. Una luce catturata attraverso quell'occhio interiore non intimorito di fronte al mondo ma che Evgen Bavčar, oggi tra i più apprezzati autori del mondo della fotografia, ha saputo spalancare ancora di più, fin da quando all'età di dodici anni perse definitivamente la vista.
L'artista sloveno cieco, con le sue opere, ci permette di 'vedere' da un'altra prospettiva e dal prossimo mese oltre cinquanta dei suoi scatti ('Evgen Bavčar. Il buio è uno spazio') saranno in mostra dal 18 gennaio fino al 25 marzo 2012 al Museo di Roma in Trastevere. Due gli incidenti consecutivi che al fotografo e filosofo hanno provocato la cecità.
A raccontarli lui stesso. "Un giorno un ramo danneggiò il mio occhio sinistro... per mesi, ho osservato il mondo con un solo occhio, finché un giorno una mina abbandonata danneggiò pure il mio occhio destro. Non sono diventato cieco subito ma a poco a poco, è andata avanti per mesi, come se si trattasse di un lungo addio alla luce. Così nel frangente ho dovuto catturare rapidamente le cose più belle, le immagini di libri, colori e fenomeni celesti, e di portarli con me in un viaggio di non ritorno" ('Evgen Bavčar. Nostalgia della luce', F. Motta editore 1995).
Gli scatti dell'artista poliglotta (parla bene diverse lingue: tedesco, croato, francese, italiano, spagnolo e portoghese) sono visioni evocative di spazi, luci, odori e forme dell'infanzia, istantanee di percezioni tattili e sensoriali colte dal suo spregiudicato e poetico terzo occhio.
Ovvero la mente come sostiene lo stesso Bavčar aggiungendo di scattare in base ai rumori, ai profumi e su quella che è stata la sua esperienza di luce ("lavoro con l'autofocus e con gli infrarossi, perché il buio è lo spazio della mia esistenza", dice). Oltre ai tanti paesaggi notturni, nella sua vita si è occupato anche di immortalare celebri volti come quelli delle attrici Hanna Schygulla, Kristin Scott-Thomas e lo scrittore Umberto Eco. Avrebbe desiderato ritrarre Brigitte Bardot, se non altro, come dichiara il fotografo in un'intervista di qualche anno fa, "per baciarla sulla bocca".
Evgen Bavčar nasce a Lokavec, in Slovenia, nel 1946. Dopo aver studiato Filosofia e Storia a Lubiana, vince una borsa di studio che lo porta a continuare il percorso accademico a Parigi, alla Sorbona, dove ottiene il dottorato con una tesi sull'estetica in Adorno e Bloch. Quattro anni dopo il doppio incidente che gli ha procurato la cecità totale ha preso in mano la macchina fotografica e da allora non l'ha più abbandonata.
E' un'artista molto apprezzato, soprattutto in Europa, dove ha esposto in diverse città. Oggi vive e lavora a Parigi.