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sabato 10 dicembre 2011

Steve McCurry a Roma fino al 29 aprile 2012

l viaggio di McCurry nel mondo:
l'occhio dal volto umano

Duecento scatti in mostra al Macro Testaccio, tra i quali 50 dedicati all'Italia: «Paese che sprigiona stile e design»


Steve McCurry con una sua foto alle spalle (Foto Jpeg)Steve McCurry con una sua foto alle spalle (Foto Jpeg)
ROMA - Un viaggio nel mondo dal volto umano. Le fotografie di Steve McCurry, circa duecento scatti molti dei quali realizzati negli ultimi due anni, sono in mostra al Macro Testaccio. Non manca la fotografia della ragazza afghana che ha vinto il World Press Photo nel 1985, il premio internazionale più prestigioso del mondo. McCurry spiega così il suo modo di fotografare: «Ho imparato a essere paziente. Se aspetti abbastanza, le persone dimenticano la macchina fotografica e la loro anima comincia a librarsi verso di te». Il viaggio di McCurry nel mondo dal volto umano                
IL MONDO IN MOSTRA - Tra i duecento scatti, 32 immagini fanno parte del progetto "the last roll" ("ultimo rullino", sponsorizzato dalla Kodak) che gli ha permesso di viaggiare dal 2009 al 2011 in Thailandia e in Birmania, dedicandosi al Buddismo, per finire con un lavoro inedito su Cuba. Le fotografie in mostra seguono un percorso «emozionale», per assonanza di forme, movimenti e temi. Non c'è cronologia, né suddivisione per paesi. Ogni immagine è una scena teatrale, intensissima per i colori. Affiancate agli scatti più famosi della sua carriera realizzati in Afghanistan, Pakistan, India, Yemen, Filippine, Stati Uniti ci sono circa 50 immagini italiane. Sono scatti realizzati a Roma, Venezia, Capena, Trapani, Enna: un omaggio al centocinquantesimo anniversario dell'Unità d'Italia. «Paese che sprigiona stile e design» ha detto il fotografo. E alla domanda se c'è un paese che gli è rimasto nel cuore «Forse sì» ha risposto McCurry. «Ed è l'India, per la sua profondità».

La foto della ragazza afghana, Sharbat Gula, che ha vinto il World Press Photo nel 1985La foto della ragazza afghana, Sharbat Gula, che ha vinto il World Press Photo nel 1985
REPORTER - Steve McCurry, americano di Philadelphia, nato nel 1950, ha girato il mondo realizzando reportage per Time, Life, Newsweek, Geo e il National Geographic. Si è spesso spinto in prima linea, rischiando la vita, pur di testimoniare gli effetti e le conseguenze dei conflitti in tutto il mondo. Membro dell’agenzia Magnum dal 1985, ha vinto moltissimi premi foto-giornalistici ed è l’autore del celebre reportage sulla ragazza divenuta icona del conflitto afghano sulle pagine del National Geographic. All'interno della mostra un filmato racconta come dopo anni McCurry è andato a cercare la ragazza (ormai donna) che gli ha donato tanta celebrità, per offrirle una parte di questa fortuna. E l'ha trovata.
Sharbat Gula nel 2002Sharbat Gula nel 2002
DOPO 17 ANNI - La foto, scattata in un campo profughi di Peshawar, ritrae l'orfana dodicenne Sharbat Gula, che nel 2002 il fotografo (con il sostegno del National Geographic) tornò a cercare per scoprire se la ragazza era ancora viva. Sharbat Gula fu ritrovata dopo alcuni mesi di ricerche, e McCurry ha potuto così fotografarla nuovamente, a distanza di 17 anni.
L'allestimento con le «cupole» (Foto Jpeg)L'allestimento con le «cupole» (Foto Jpeg)
ALLESTIMENTO E MOSTRA - A cura del celebre architetto e designer Fabio Novembre, l'allestimento della mostra è formato da «cupole» nelle quali le immagini avvolgono lo spettatore. Illuminate da lampade (a cura di Titta Bongiorno) di nuova e sofisticata tecnologia che ne esaltano i colori, le fotografie «invadono» la visuale di chi le osserva. Vicino a ogni cupola una fiammata arancione (che si riferisce ai colori dei luoghi dati dalla terra e dal fuoco) fa risaltare l'allestimento. Le immagini sono montate con un filo conduttore: è la vita dell'uomo dalla nascita alla morte. Ma alla fine un'immensa luce bianca apre a una nuova speranza e a una possibile resurrezione.
VILLAGGIO NOMADE - Fabio Novembre definisce Steve McCurry «un instancabile ricercatore della natura umana». E mentre «la nostra idea di casa assomiglia ad arroganti dichiarazioni di potere e manifesti di felicità individuale», nelle foto di McCurry secondo Novembre «le case sono precarie, come le vite di chi le abita, simili a strutture cellulari labili». Ed è con l'idea del «villaggio nomade» che Novembre ha costruito il percorso della mostra.
IL MACRO TESTACCIO - La mostra è promossa dall'Assessorato alle Politiche Culturali e Centro Storico di Roma Capitale - Sovraintendenza ai Beni Culturali, dal MACRO Museo d’Arte Contemporanea Roma, e da CIVITA, con la collaborazione dell’Agenzia SudEst57. Con il supporto di Epson.
Steve McCurry
a cura di Fabio Novembre

Fino al 29 aprile 2012
MACRO Testaccio - La Pelanda
Piazza Orazio Giustiniani 4
Informazioni e prenotazioni:
www.stevemccurryroma.it tel. 060608
Fonte: corriere.it