
Si è inaugurata il 3 dicembre 2011 alla Shots Gallery di Bergamo, LIBYA - una mostra tratta dal reportage realizzato da Pietro Masturzo  durante la guerra contro il regime del Colonnello Gheddafi. Un estratto  di 20 fotografie in bianco e nero raccontano i giorni di un paese in  rivolta. 
“Ho deciso di andare in Libia per lo stesso motivo per cui ho scelto  di fare il fotoreporter: essere testimone oltre che narratore, essere  dentro a ciò che cerco di raccontare … una guerra non è solo un  confronto militare ma è anche e soprattutto paura, per chi la vive e per  chi la racconta.”
Oggi Muhammar Gheddafi, per tutti semplicemente il colonnello, non  c'é più: il 20 ottobre scorso i ribelli l'hanno prima catturato e poi  ucciso dopo una lenta agonia, mandata in mondo visione grazie alle  riprese realizzate con alcuni telefonini dai sui stessi assassini. Con  la morte del Raìs finisce non solo una guerra. Finisce l'epoca di uno  dei più controversi dittatori del mondo. Ora toccherà al Consiglio  nazionale di Transizione libico, che all'indomani della morte di  Gheddafi ha proclamato ufficialmente la liberazione del paese, dare un  futuro democratico alla loro terra. É l'epilogo di un capitolo  cominciato il 15 febbraio scorso attraverso le prime insurrezioni  popolari, sulla scia di quanto avvenuto in quasi tutto il mondo arabo,  in particolare in Tunisia ed in Egitto. La protesta, partita con una  serie dimostrazioni pacifiche, è nata dal desiderio di un radicale  cambiamento politico contro il regime del colonnello, salito al potere  il 1º settembre 1969 dopo un colpo di stato. In pochi giorni la  battaglia si é diffusa in tutto il paese. Gheddafi ha risposto con  l'azione militare, la situazione è degenerata in conflitto armato il 10  marzo con il successivo intervento della Nato. Il resto é cronaca degli  ultimi giorni.
" Pietro Masturzo ancora giovanissimo, ha vinto il World Press Photo  Award con l'immagine della donna iraniana che immersa nella distesa dei  tetti di Teheran lancia nella notte incombente il suo richiamo alla  rivolta. Come ogni vero fotoreporter, non poteva mancare in Libia, per  testimoniare questa guerra strana e sporca, misto di ribellione popolare  e scontro tra tribù, intervento NATO e regolamento di conti. Le sue  foto esprimono le slabbrature e le opacità del conflitto quasi  fisicamente, con la superficie dei volti spesso graffiata dai vetri  spezzati dietro cui s'intravedono, i ribelli e i civili immersi in  un'atmosfera sospesa, pose oblique e surreali, una guerra – come tutte  le guerre – che è essenzialmente disfacimento e distruzione del vecchio,  e solo vaga premessa di un nuovo che è la pace a dover definire e che  per questo resta incognito. Individui e folle che animano un dramma che a  tratti li sovrasta, come i ribelli colti mentre puntano fissi e quasi  attoniti i loro mitra verso il cielo vuoto, o il minuscolo miliziano che  sventola la sua bandiera, pressoché invisibile nella scacchiera  gigantesca della facciata in cemento di un palazzo come se ne trovano  solo sotto il sole abbagliante del Nord-Africa. Una guerra-caos la cui  valenza positiva, l'abbattimento di un regime che ha oppresso e  intorpidito il paese per più di quarant'anni, rischia di dissolversi  nelle rivalità tra bande politico-militari. Nelle foto di Masturzo si  percepisce la miscela di euforia e smarrimento dei libici, la difficoltà  di costruire una struttura civile nel grande vuoto del deserto con il  suo cuore di petrolio. Sullo sfondo del mare di Bengasi, indifferente  sotto la frusta del vento della notte." Dal testo critico di Oliviero  Bergamini.
Pietro Masturzo, classe 1980, napoletano. Dopo aver ottenuto la laurea in Relazioni internazionali presso l'Università L'Orientale di Napoli, Pietro si trasferisce a vivere a Roma per approfondire lo studio della fotografia. Dal 2007  ha iniziato a lavorare come fotografo professionista con diverse  agenzie di fotogiornalismo, pubblicando i suoi lavori sulle più  importanti testate giornalistiche italiane. La sua fotografia scattata  in Iran il 24 giugno 2009 "Sui tetti di Teheran" è stato premiata con il World Press Photo of the Year 2009“  ed il 1° premio nella categoria People in the News. La foto raffigura  l'inizio di qualcosa, l'inizio di una grande storia- commenta il  presidente della giuria del World Press Photo 2009, Ayperi Karabuda Ecer  e aggiunge nuove prospettive alle notizie che ci arrivano  quotidianamente. È una foto che colpisce sia visivamente che  emotivamente. Ha seguito per La Stampa la rivolta egiziana di Piazza  Tahrir, in Aprile è partito per La Libia. Dal 2011 è membro dell'agenzia  On Off Picture.
Testo critico Oliviero Bergamini
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