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domenica 13 novembre 2011

Tano D’Amico - Disordini - Roma fino al 20 novembre 2011


Tano D’Amico
Disordini
a cura di Matteo Di Castro

Fino al 20 novembre 2011

s.t. foto libreria galleria, via degli ombrellari, 25 Roma
dal lunedì al sabato 10:30-19:30



Proteste nei vicoli. Napoli, 1972

Nell’ambito del circuito di Fotografia Festival Internazionale di Roma, s.t. foto libreria galleria presenta una mostra antologica di Tano D’Amico intitolata Disordini. Nel corso dell’inaugurazione, lunedì 17 ottobre alle 18:00, il direttore di Radio 3 Marino Sinibaldi presenterà inoltre il libro di riflessioni sulla fotografia di Tano D’amico recentemente pubblicato da Postcart: Di cosa sono fatti i ricordi.


Popolo e stato

Nel linguaggio giornalistico, il termine disordini viene spesso utilizzato per riassumere l’esito più o meno violento di una manifestazione di protesta. Le immagini possono offrire, naturalmente, diversi livelli di documentazione ed interpretazione della dinamica e delle responsabilità di tali accadimenti. Tano D’Amico è stato ed è il testimone non occasionale e non neutrale di molte di queste situazioni, di cui ha saputo cogliere la drammaticità puntando soprattutto sulle emozioni individuali, sull’intensità della partecipazione degli individui alle vicende della vita pubblica.

Torino, 1980. Corteo ai Tetti Francesi

Da questa prospettiva, si può dire che per Tano D’Amico il disordine è solo la forma più traumatica, esplosiva, di una precarietà costitutiva del nostro equilibrio sociale; un ordine contraddittorio e dunque fragile, che per essere messo a fuoco richiede un approccio metodico quanto partecipato, amoroso quanto rigoroso: non quello del reporter che si trova casualmente a registrare gli eventi della cronaca; ma quello dell’artista che perlustra l’intera trama del vissuto quotidiano per metterne a fuoco i margini più sfrangiati: quelli capaci di produrre una sospensione, uno scarto e un rivolgimento del nostro sguardo e della nostra coscienza.

Roma, 2005. Operaio caduto dall'impalcatura in Piazza del Parlamento. Il carabiniere corre a placare il fotografo

La mostra attraversa più di quarant’anni di storia italiana, combinando immagini di disordini veri e propri (cortei, occupazioni, scioperi, interventi della polizia), con quelle che meglio testimoniano la vocazione del fotografo a ritrarre le vibrazioni e gli urti del reale.
Alle foto più note del passato, quelle che offrono un ritratto tutt’ora unico dell’Italia degli anni settanta (nei suoi risvolti innovativi ma anche tragici: dalle lotte del movimento femminista all’omicidio di Giorgiana Masi), si affiancano gli scatti più recenti, che testimoniano l’inesauribile curiosità di Tano D’Amico verso i sommovimenti anche più impercettibili della storia.


Roma 1977. Le sorelle di Giorgiana Masi.



Genova, 2001. Carlo Giuliani

Oltre alle trenta immagini esposte a parete, selezionate dallo stesso fotografo e stampate per l’occasione, negli spazi di s.t. foto libreria galleria saranno presentate altre opere e documenti riconducibili al suo lavoro: stampe fotografiche vintage, giornali e riviste del passato, libri rari e fuori commercio.


Se non ci conoscete. La lotta di classe degli anni '70 nelle foto di Tano, Edizione Cooperativa Giornalisti Lotta Continua, 1977

Tano D'Amico nasce nel 1942 nell’isola siciliana di Filicudi e vi rimane fino all’età di sette anni, quando si trasferisce con i genitori in una Milano ancora piegata dalla guerra. Dopo gli studi classici al liceo Beccaria e la frequentazione della facoltà di scienze politiche alla Cattolica -anni cruciali, nei quali prende forma una visione critica dei meccanismi umani e di potere che regolano la nostra società, nel 1966 parte alla volta del Friuli per la leva militare, da lui stesso considerata una delle esperienze-chiave della sua vita. Nei quindici mesi di caserma, infatti, Tano si lega a giovani etichettati come “diversi” e di conseguenza emarginati: analfabeti, carcerati, isolani come lui.

Roma,1973. Proletari in divisa

Tornato a Milano, si rende conto di non poter tornare alla vita precedente. Si trasferisce quindi a Roma, già in pieno fermento sociale nei mesi che precedono il fatidico ‘68. La partecipazione attiva ai movimenti lo conduce, quasi suo malgrado, sul difficile sentiero della fotografia: i compagni riconoscono l’originalità del suo sguardo, in grado di comunicare appieno i mutamenti in atto, e affidano al fotografo siciliano la parte visiva del loro impegno in giornali e riviste come Potere Operaio, Ombre Rosse e soprattutto Lotta Continua, con cui collaborerà fino alla definitiva chiusura del quotidiano. Successivamente, le sue immagini troveranno spazio anche sull’altra storica testata della nuova sinistra italiana, il manifesto.


Ombre rosse n. 7, dicembre 1974 )

Dai suoi primi scatti fino ad oggi, Tano D’Amico ha scelto di mettere a fuoco gli attori più marginalizzati della scena sociale -disoccupati e senza-casa, bambini e malati mentali, detenuti e immigrati, e di raccontare con continuità le battaglie dei diversi movimenti che contestano l’ordine su cui si regge il mondo in cui viviamo. Dopo i primi reportage dedicati alla Sicilia e alla Sardegna, ha viaggiato anche fuori dall’Italia: nell’lrlanda della guerra civile, nella Grecia dei colonnelli, nella Spagna franchista, in Portogallo durante la Rivoluzione dei Garofani, e più volte in Palestina. Negli anni ottanta e novanta andrà poi in Somalia, Bosnia, Chiapas e Stati Uniti.
La sua peculiare sensibilità, da giovane recepita come un difetto, diviene un tratto distintivo del suo percorso creativo e professionale, nel corso del quale riesce a incontrare anche mondi apparentemente lontani: come quello di Joseph Beuys, il grande artista concettuale di cui Tano documenta in esclusiva nel 1981 l’happening “Terremoto” a Palazzo Braschi di Roma; o come quello cattolico, che lo chiama a illustrare con le sue immagini il nuovo catechismo per i giovani e a collaborare con il settimanale Il Sabato.

Lugano, 1974. Emigranti in Svizzera, il fotografo nello specchio

Come gran parte dei foto-repoter italiani della sua generazione, Tano D’Amico non si è presentato e non è stato riconosciuto come un artista, da studiare e proporre in quanto tale negli spazi museali e nelle gallerie private. Nei progetti espositivi come in quelli editoriali sin qui realizzati, il suo nome è rimasto per lo più legato ai diversi protagonisti delle sue immagini: i giovani del ’77, i pacifisti, le donne, gli zingari…


Bologna, 1977. Giochi in Piazza Maggiore

Del tutto innovativa è stata dunque la scelta di Francesco Bonami di inserire il lavoro di Tano D’amico nella mostra Italics. Arte italiana fra tradizione e rivoluzione 1968-2008 (Venezia, Palazzo Grassi, 2008).
Fra i suoi libri più recenti e facilmente reperibili in commercio, ricordiamo: Il Giubileo nero degli zingari, Editori Riuniti, 2000; Una storia di donne. Il movimento al femminile dal '70 agli anni no global, Intra Moenia, 2003; La dolce ala del dissenso. Figure e volti oltre i cliché della violenza, Intra Moenia, 2004; E’ il 77, Manifestolibri, 2007; Volevamo solo cambiare il mondo. Romanzo fotografico degli anni '70 di Tano D'Amico, Intra Moenia, 2008; Di cosa sono fatti i ricordi. Tempo e luce di un fotografo di strada, Postcart, 2011.
Mai illuso e mai arreso, irriducibile e forse romantico, Tano prosegue tuttora il suo lavoro di fotoreporter, la sua densa e appassionata ricerca sull’incanto e la speranza degli ultimi.


Tano D’amico Di cosa sono fatti i ricordi
. Tempo e luce di un fotografo di strada
Postcart, 2011; pagine 136; € 12,50


Sessantatré articoli scritti per il settimanale Gli Altri con stile lucido e poetico, come “personali lettere alla società”, permeati da un profondo senso critico verso le ingiustizie che da sempre colpiscono gli sconfitti, coloro che vivono ai margini della società e di cui si tenta di rimuoverne il ricordo. Con le sessantatré foto che accompagnano i testi, il fotogiornalista Tano D’Amico traccia una linea di speranza che lancia al mondo come zattera di salvataggio. Il suo sguardo si distingue subito da quello degli altri fotografi. Tano è il fotografo dei senza potere, dei vinti, di cui riesce a cogliere la bellezza umana nel disagio sociale. Le sue immagini restituiscono dignità a coloro cui la dignità è stata tolta. Li rappresenta con complicità, simpatia, partecipazione, facendo del bianco e nero e dell'obiettivo 35 millimetri una precisa scelta stilistica.