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mercoledì 23 novembre 2011

Dante tradotto in fotografia - Salerno fino al 3 dicembre 2011

Dante tradotto in fotografia
un viaggio fra tenebre e luce
Claudia Rogge alla galleria Verrengia di Salerno con Ever After una trilogia ispirata alla commedia dantesca

Dante tradotto in fotografia un viaggio fra tenebre e luce
Come dipingere con la fotografia. E' questa la forte impressione che si ha nel guardare le grandi foto di Claudia Rogge (Düsseldorf, 1968) che rappresentano un'umanità combattuta tra vizi e virtù. E' un viaggio dalle tenebre alla luce e viceversa, al di là del bene e del male, quello intrapreso dall'artista tedesca, che torna ad esporre a Salerno nella galleria Paola Verrengia con il progetto dal titolo "EverAfter nei locali di via Fieravecchia 34, resterà aperta fino al 3 dicembre.

Una trilogia d'immagini divise in "Inferno, Purgatorio e Paradiso", dove corpi di uomini, donne, animali, si dispongono quasi come in un ciclo di affreschi del Sedicesimo secolo. Ma non solo. Il riferimento alla Divina Commedia di Dante viene citato dalla stessa artista insieme ad un'altra fonte importante, Pierpaolo Pasolini.
"Il titolo EverAfter non è facilmente traducibile - spiega la Rogge - perché a secondo della lingua può variare di significato. Non è "dopo l'al di là" come spesso mi viene chiesto. Ma di più. E' come dire cosa può accadere dopo che qualcosa accade?" e ancora "il rapporto con l'opera di Dante è una metafora a cui mi sono liberamente ispirata per cercare di ritrovare l'attualità in alcuni temi esistenziali, religiosi, filosofici,
che ancora oggi probabilmente aspettano risposte".

Il nuovo lavoro di Claudia Rogge è fortemente influenzato dalla storia della pittura italiana, come lei stessa ammette. Michelangelo e i pittori manieristi sono i maestri con cui si è confrontata, dando luogo ad una perfetta sintesi estetica tra antico e contemporaneo. Ci sono voluti più di venticinquemila scatti fotografici in digitale, realizzati in set con circa cinquanta attori ed un lungo lavoro di post-produzione durato quasi due anni, per creare le composizioni simboliche di "EverAfter".

La tecnica fotografica è senz'altro lo strumento usato dalla Rogge per quest'opera, ma è palesemente il linguaggio della pittura con i suoi colori e sfumature a pervaderla. L'occhio fotografico della Rogge cerca di tradurre il movimento dell'azione dei corpi e di suscitare emozioni contrastanti catturando alcune espressioni intense dei personaggi anonimi raffigurati, eletti a simbolo di una umanità tenuta volutamente a distanza. L'artista usa lo spazio narrativo dell'arte per far "muovere" lo spettatore all'interno del racconto dell'opera e per orientarlo verso una profonda riflessione sulla vita e sulla morte, sul dolore e sulla speranza, in un complesso ed attuale confronto religioso tra oriente ed occidente.
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Fonte: repubblica.it