Fino al 6 novembre si può visitare nel torinese Palazzo Barolo, in via delle Orfane 7, la mostra "Un pittore e la fotografia", dedicata al riordino e alla catalogazione del fondo fotografico appartenuto a Giuseppe Pellizza da Volpedo (1868-1907). Curata da Daniela Giordi e dall'ABF-Atelier per i beni fotografici di Torino, e sotto la direzione di Aurora Scotti, massima studiosa del pittore piemontese, l'esposizione è la prima che consente al pubblico di vedere la collezione di immagini, tanto scattate dall'artista stesso quanto da alcuni fotografi dell'epoca, di proprietà dello Studio-Museo Pellizza.
Se non manca naturalmente una foto del "Quarto Stato", il quadro terminato nel 1901, eseguito dallo studio Cicala di Voghera, il percorso espositivo più interessante riguarda il Pellizza autore. I suoi scatti avevano quasi sempre una connessione con il lavoro pittorico: dalle persone care alle modelle, dalle riproduzioni dei suoi dipinti alle vedute dal vero di Volpedo e della campagna tortonese.
Biografia dell'auotre:
Giuseppe Pellizza (Volpedo, 28 luglio 1868 – Volpedo, 14 giugno 1907) è stato un pittore italiano, dapprima divisionista, poi esponente della corrente sociale, autore del celeberrimo Il Quarto Stato, vera allegoria del mondo del lavoro subordinato e delle sue battaglie politico-sindacali.
Era figlio di agricoltori, frequentò la scuola tecnica di Castelnuovo Scrivia dove apprese i primi rudimenti del disegno. Grazie alle conoscenze ottenute con la commercializzazione dei loro prodotti, i Pellizza entrarono in contatto con i fratelli Grubicy che ne promossero l'iscrizione all'Accademia di Belle Arti di Brera dove fu allievo di Francesco Hayez e di Giuseppe Bertini. Contemporaneamente ricevette lezione private dal pittore Giuseppe Puricelli e successivamente divenne allievo di Pio Sanquirico. Espose per la prima volta a Brera nel 1885. Terminati gli studi milanesi, Pellizza decise di proseguire il tirocinio formativo, recandosi a Roma, dapprima all'Accademia di San Luca poi alla scuola libera di nudo all'Accademia di Francia a Villa Medici. Deluso da Roma, abbandonò la città prima del previsto per recarsi a Firenze, dove frequentò l'Accademia di Belle Arti con Giovanni Fattori come maestro.
Alla fine dell'anno accademico ritorna a Volpedo, allo scopo di dedicarsi alla pittura dal vero attraverso lo studio della natura. Non ritenendosi soddisfatto della preparazione raggiunta, si recò a Bergamo, dove all'Accademia Carrara seguì i corsi privati di Cesare Tallone. Nel 1889 visitò Parigi in occasione dell'Esposizione universale. Frequentò poi l'Accademia Ligustica a Genova. Al termine di quest’ultimo tirocinio, ritornò al paese natale, dove sposò una contadina del luogo, Teresa Bidone, nel 1892. Da quello stesso anno, cominciò ad aggiungere "da Volpedo" alla propria firma.
Il pittore in questi anni abbandona progressivamente la pittura ad impasto per adottare il divisionismo. Si confrontò così con altri pittori che usavano questa tecnica, soprattutto con Giovanni Segantini, Angelo Morbelli, Vittore Grubicy de Dragon, Plinio Nomellini, Emilio Longoni e, in parte, anche con Gaetano Previati. Nel 1891 espose alla Triennale di Milano, facendosi conoscere al grande pubblico. Continuò a esporre in giro per l'Italia (Esposizione Italo-Colombiana di Genova 1892, di nuovo Milano 1894). Tornò a Firenze nel 1893, vi frequentò l'Istituto di Studi Superiori, visitò poi Roma e Napoli. Nel 1900 espose a Parigi Lo specchio della vita. Nel 1901, portò a termine Il Quarto Stato, a cui aveva dedicato dieci anni di studi e fatica. L'opera, esposta l'anno successivo alla Quadriennale di Torino, non ottenne il riconoscimento sperato, anzi scatenò polemiche e sconcerto presso molti dei suoi amici. Deluso, finì per abbandonare i rapporti con molti letterati e artisti dell'epoca, con i quali già da tempo intratteneva fitti rapporti epistolari. Morto nel frattempo Segantini, nel 1904 Pellizza intraprese un viaggio in Engandina, luogo segantiano, al fine di riflettere maggiormente sulle motivazioni e sull'ispirazione del pittore da lui considerato suo maestro. Nel 1906, grazie alla sempre maggiore circolazione delle sue opere in esposizioni nazionali e internazionali, fu chiamato a Roma, dove riuscì a vendere un'opera perfino allo Stato: ‘’Il sole’’, destinato alla Galleria di Arte Moderna. Sembrava l'inizio di un nuovo periodo favorevole, in cui finalmente l'ambiente artistico e letterario riconosceva i temi delle sue opere. Ma l'improvvisa morte della moglie, nel 1907, gettò l'artista in una profonda crisi depressiva. Il 14 giugno dello stesso anno, non ancora quarantenne, si suicidò impiccandosi nel suo studio di Volpedo.
Se non manca naturalmente una foto del "Quarto Stato", il quadro terminato nel 1901, eseguito dallo studio Cicala di Voghera, il percorso espositivo più interessante riguarda il Pellizza autore. I suoi scatti avevano quasi sempre una connessione con il lavoro pittorico: dalle persone care alle modelle, dalle riproduzioni dei suoi dipinti alle vedute dal vero di Volpedo e della campagna tortonese.
Biografia dell'auotre:
Giuseppe Pellizza (Volpedo, 28 luglio 1868 – Volpedo, 14 giugno 1907) è stato un pittore italiano, dapprima divisionista, poi esponente della corrente sociale, autore del celeberrimo Il Quarto Stato, vera allegoria del mondo del lavoro subordinato e delle sue battaglie politico-sindacali.
Era figlio di agricoltori, frequentò la scuola tecnica di Castelnuovo Scrivia dove apprese i primi rudimenti del disegno. Grazie alle conoscenze ottenute con la commercializzazione dei loro prodotti, i Pellizza entrarono in contatto con i fratelli Grubicy che ne promossero l'iscrizione all'Accademia di Belle Arti di Brera dove fu allievo di Francesco Hayez e di Giuseppe Bertini. Contemporaneamente ricevette lezione private dal pittore Giuseppe Puricelli e successivamente divenne allievo di Pio Sanquirico. Espose per la prima volta a Brera nel 1885. Terminati gli studi milanesi, Pellizza decise di proseguire il tirocinio formativo, recandosi a Roma, dapprima all'Accademia di San Luca poi alla scuola libera di nudo all'Accademia di Francia a Villa Medici. Deluso da Roma, abbandonò la città prima del previsto per recarsi a Firenze, dove frequentò l'Accademia di Belle Arti con Giovanni Fattori come maestro.
Alla fine dell'anno accademico ritorna a Volpedo, allo scopo di dedicarsi alla pittura dal vero attraverso lo studio della natura. Non ritenendosi soddisfatto della preparazione raggiunta, si recò a Bergamo, dove all'Accademia Carrara seguì i corsi privati di Cesare Tallone. Nel 1889 visitò Parigi in occasione dell'Esposizione universale. Frequentò poi l'Accademia Ligustica a Genova. Al termine di quest’ultimo tirocinio, ritornò al paese natale, dove sposò una contadina del luogo, Teresa Bidone, nel 1892. Da quello stesso anno, cominciò ad aggiungere "da Volpedo" alla propria firma.
Il pittore in questi anni abbandona progressivamente la pittura ad impasto per adottare il divisionismo. Si confrontò così con altri pittori che usavano questa tecnica, soprattutto con Giovanni Segantini, Angelo Morbelli, Vittore Grubicy de Dragon, Plinio Nomellini, Emilio Longoni e, in parte, anche con Gaetano Previati. Nel 1891 espose alla Triennale di Milano, facendosi conoscere al grande pubblico. Continuò a esporre in giro per l'Italia (Esposizione Italo-Colombiana di Genova 1892, di nuovo Milano 1894). Tornò a Firenze nel 1893, vi frequentò l'Istituto di Studi Superiori, visitò poi Roma e Napoli. Nel 1900 espose a Parigi Lo specchio della vita. Nel 1901, portò a termine Il Quarto Stato, a cui aveva dedicato dieci anni di studi e fatica. L'opera, esposta l'anno successivo alla Quadriennale di Torino, non ottenne il riconoscimento sperato, anzi scatenò polemiche e sconcerto presso molti dei suoi amici. Deluso, finì per abbandonare i rapporti con molti letterati e artisti dell'epoca, con i quali già da tempo intratteneva fitti rapporti epistolari. Morto nel frattempo Segantini, nel 1904 Pellizza intraprese un viaggio in Engandina, luogo segantiano, al fine di riflettere maggiormente sulle motivazioni e sull'ispirazione del pittore da lui considerato suo maestro. Nel 1906, grazie alla sempre maggiore circolazione delle sue opere in esposizioni nazionali e internazionali, fu chiamato a Roma, dove riuscì a vendere un'opera perfino allo Stato: ‘’Il sole’’, destinato alla Galleria di Arte Moderna. Sembrava l'inizio di un nuovo periodo favorevole, in cui finalmente l'ambiente artistico e letterario riconosceva i temi delle sue opere. Ma l'improvvisa morte della moglie, nel 1907, gettò l'artista in una profonda crisi depressiva. Il 14 giugno dello stesso anno, non ancora quarantenne, si suicidò impiccandosi nel suo studio di Volpedo.