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domenica 4 settembre 2011

Come fare impazzire il vostro assistente!

È dura essere l’assistente di un fotografo professionista: sveglie a orari assurdi, un sacco di fatica, un sacco di pretese, poco (più spesso niente) denaro. Insomma: per fare gli assistenti serve una pazienza da Dalai Lama. E a volte, non basta neanche quella. Ci pensavo prima quando sono finito su PhotoShelter, dove è uscito un post che in cui si raccontano nove modi per fare impazzire un assistente.

Divertenti, sì, ma solo da leggere; molto meno divertenti, se li si vivono tutti i giorni. Vediamoli.

I nove modi per fare impazzire un assistente.

9) Dargli la colpa di tutto. Il fotografo arriva in ritardo sul set? Ma no: è colpa dell’assistente che si è svegliato tardi. Il fotografo dimentica le schede di memoria? Ma no: colpa di quello sbadato dell’assistente. Piove? È colpa dell’assistente. Chiosa di Grover Sanschagrin, autore del post: “Dare la colpa all’assistente di qualche errore che non ha neanche commesso davanti al cliente o ad altre persone è davvero di cattivo gusto”. Quindi fotografi, portate pazienza.

8) Non raccomandarlo ad altri fotografi. Spesso un assistente ha bisogno di tanti lavori per guadagnarsi da vivere. Fotografi, se ne trovate uno bravo di assistente, passate la voce ai colleghi - qui so che molti non saranno d’accordo… - strano, ma questo il consiglio di Grover. Non passate la voce perché volete tenervi stretto l’assistente? Avete realizzato l’ottavo punto per farlo impazzire.

7) Non insegnargli nulla. Solitamente l’assistente vi assiste perché vuole imparare. Non siate gelosi di quel che sapete: lui vi vede come dei maestri. Condividere è ok, spiega Grover. Perfettamente d’accordo.

6) Tenerlo all’oscuro sulla vostra apparecchiatura. Se volete che un assistente lavori bene con le vostre attrezzature, investite qualche minuto per spiegargli i dettagli del loro utilizzo. Eviterete perdite di tempo al momento di scattare, e il tempo risparmiato in quei casi vale oro. Aggiunge Dominick Reuter, fotografo e assistente “Ancora meglio, quando ci si accorda per il lavoro, fatemi sapere con che genere di attrezzatura lavorate: Canon/Nikon, Profoto/Dynalite, ecc. se c’è qualcosa che non conosco, fatemelo sapere in anticipo: scaricherò il manuale e lo imparerò per il giorno dello shooting”.

5) Avere dei secondi fini. Qui ci colleghiamo un po’ al punto in cui si spiega di non essere avari nel fornire informazioni all’assistente. Cercate di non avere segreti con l’assistente, di non fargli intendere che avrebbe dovuto fare X e poi metterlo al lavoro su Y. Non promettete A per poi dare Z, costringendo il povero assistente a farsi tutte le lettere dell’alfabeto in mezzo per portare a casa il servizio.

4) Non pagarlo. I fotografi non amano lavorare per clienti tirchi, o per gente che non paga - per cui, non dovrebbero trattare in questo modo gli assistenti. Chiedergli di lavorare per “farsi esperienza” o per pochissimo denaro, e poi chiedergli di scattare magari un intero matrimonio, non è per niente ok. Aggiunge Rob Weber: “Fare l’assistente deve essere trattato come un lavoro, perché lo è. E proprio come tu non lavori “per fama”, io non voglio lavorare “per il divertimento”. Non posso mangiare il divertimento quando torno a casa la sera.”.

3) Essere disorganizzati. L’assistente è lì per aiutarvi nel flusso di lavoro, vuole far sì che le cose scorrano lisce. Ma questo può accadere solo se anche il fotografo è organizzato.

2) Non pagarlo, o pagarlo dopo mesi e mesi. Gli assistenti non vogliono lavorare gratis. E proprio come voi fotografi non vogliono aspettare mesi per essere retribuiti. Mettetevi nei panni dell’assistente, e pagatelo in fretta - subito, possibilmente. Se fate aspettare mesi per un pagamento, vi ritroverete a impazzire cercando un nuovo assistente a ogni shooting.

1) Insultarlo. Trattate il vostro assistente come vorreste essere trattati voi - con rispetto. Essere scortesi, urlargli contro, e incolparlo di tutto, crea un ambiente sgradevole. Quando l’assistente ha fatto un bel lavoro, quando vi ha salvato il cu*o, quando vi ha fatto fare bella figura — ditegli semplicemente grazie. Chiude Rob Weber: “Non sono un cane. Sono un essere umano. Non chiamatemi schioccando le dita o con un fischio, è degradante”.

Fonte: www.photographygc.com